La situazione di crisi in cui da tempo versano gli istituti di credito ha avuto tra i tanti effetti quello di porre interessanti domande relativamente a che cosa non abbia funzionato nel loro modello di business.
Per quanto riguarda i prestiti, le banche hanno concesso con troppa superficialità dei finanziamenti milionari ad imprese non meritevoli di credito e che oggi contribuiscono all’elevato numero di sofferenze che le banche hanno in pancia.
A discapito di tante famiglie produttrici di reddito a cui non è stato concesso un mutuo di 100.000 euro perché non avevano un anticipo di 20.000 euro.
Il fatto che gli istituti di credito eroghino liquidità a chi tendenzialmente non ne avrebbe bisogno è risaputo e non è una novità.
E come sempre, le nuove generazioni sono la categoria più penalizzata. Con la differenza che oggi i giovani non possono fare affidamento ai risparmi dei genitori e dei nonni come un tempo perché in questi anni i risparmi sono serviti per far fronte alla crisi.
Questa poca attenzione alle nuove generazioni potrebbe essere dannoso a lungo andare per gli stessi istituti di credito. Nonostante i proclami di voler “conquistare i millennials nei prossimi anni”, l’atteggiamento diffidente degli istituti finanziari verso le nuove generazioni è evidente.
La Silicon Valley sta arrivando anche nel settore bancario. Uno studio di Viacom ha messo in luce come il 75% degli americani nati dal 2000 in poi preferirebbe dare i propri soldi in custodia a Google o Paypal piuttosto che ad una banca tradizionale.
Siamo sicuri che un eguale percentuale di giovani potrebbe avere lo stesso desiderio in Europa e in particolare in Italia.
Anche Facebook ha ottenuto l’autorizzazione dalla Central Bank od Ireland e potrà operare come servizio di pagamento digitale in Europa.
La strada è tracciata: in un futuro nemmeno troppo lontano le banche tradizionali potrebbero trovarsi ad avere competitors molto forti e agguerriti, tra cui, prima di altri, Google, Amazon, PayPal e Facebook.